I due mondi dell'Eroe

Attraverso la presentazione del libro "MIO PADRE" si apre una finestra su aspetti ancora sconosciuti della vita del Generale Garibaldi.
Questo sito e questo libro propongono una interpretazione diversa della definizione di "eroe dei due mondi".
La figlia Clelia racconta la vita, le emozioni, i sentimenti degli ultimi 20 anni di vita di Garibaldi, eroe non soltanto in guerra, ma anche tra le pareti domestiche quando era necessario
Un uomo moderno sia nel suo modo di vivere la famiglia, sia nel suo modo di vivere la storia.
Uno studioso, uno scrittore, un grande comunicatore, tanto abile nel trascinare le folle quanto nel trattare con i bambini
Due mondi dunque, apparentemente così lontani, così difficili da conciliare, non quelli geografici che normalmente la definizione sottointende, ma il mondo privato di Garibaldi e quello pubblico del Generale
La famiglia e il lavoro, i due mondi che tutti come lui, oggi forse ancor più che allora, cercano di conciliare, chiedendosi e spesso non riuscendo a trovare una risposta univoca, quale sia il più importante
150° per i bambini

Riassunto

Questo libro descrive gli ultimi 20 anni di vita di Giuseppe Garibaldi raccontati dalla figlia Clelia.
Nel suo diario Clelia racconta la sua vita, 16 anni trascorsi insieme dal padre, dal 1867 (quando lei nasce) al 2 giugno del 1882, giorno di morte dell'Eroe.
Un ritratto di personaggi, tanti, conosciuti e sconosciuti, che hanno accompagnato con la loro affettuosa presenza gli ultimi anni di vita del Generale.
Una descrizione di Caprera così sapientemente coltivata da Garibaldi, della casa, costruita da lui pietra su pietra.
Al centro di tutto c'è la vita di Giuseppe Garibaldi ed il suo rapporto con Clelia, figlia devota. Una vita semplice, i sentimenti, le emozioni di un padre rubato e condiviso con il personaggio pubblico.
Lui ugualmente a suo agio se entrambi i fronti: tra la mura domestiche (padre e marito dolce, protettivo, sensibile) e in guerra (generale, condottiero in lotta per liberare l'Italia e condurla all'unità) e forse anche per questo chiamato "Eroe dei Due Mondi"
Prefazione a cura di Gianni Oliva, storico e assessore alla cultura della Regione Piemonte dal 2005 al 2010

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IL PRIVATO

Dal Capitolo 4

Papà fu il mio primo maestro. Cominciò molto presto ad insegnarmi a leggere e a scrivere, specialmente l'aritmetica. Sperava che diventassi molto brava in questa materia. Le lezioni avvenivano sempre all'aperto, quando il tempo lo permetteva. Cominciò presto, forse troppo presto, ad insegnarmi calcoli difficili. Mi stancavano ed aprirono fra me e la matematica un abisso mai completamente colmato. Però non glielo feci mai capire, perché ero certa che gli avrei dato un grosso dispiacere. Continuavo ad essere attenta e diligente più che potevo. Appena fui in grado di capirlo, m'insegnò un calcolo di Filopanti....
..."Ho capito", gli dissi. E lui fu felice. Ma nella mia mente rimase, e c'è ancora, il mistero più profondo.
Mi piaceva, invece, tanto, l'astronomia. Nelle belle serate, dopo cena, quando il cielo sereno era illuminato dalla luna o cosparso di stelle, uscivamo fuori e ci mettevamo a sedere su di una scogliera vicino a casa.
Li, Papà mi insegnava a leggere il cielo. Il suo astro prediletto era Arturo; io, invece, avevo una spiccata simpatia per Sirio. Mi piaceva la sua luce, cosi chiara, cosi dolce. Ma la cosa che mi sorprese di più in quel periodo, nel 1878, fu l'apparizione di una cometa. Era bassa sull'orizzonte che sembrava volesse toccare la Corsica, con la stella a levante e la coda, luminosissima, a ponente.

Dal Capitolo 6

Manlio cresceva sempre più vivace e birichino; ed io non scherzavo, benché avessi sei anni più di lui...
...Amavamo molto, anche, andare a pescare a canna. Quando infuriava il ponente. Papà ci faceva accompagnare dalla parte opposta dell'isola, di là dal Teggialone, che è il punto più alto dell'isola.
Là c'era quasi sempre calma perfetta e potevamo pescare indisturbati. Giovanni si curava di cercare subito i "caracolli" che Teresot schiacciava per innescare le nostre lenze. Dopo di che cominciavamo la gara di chi prendeva i pesci più belli ed in maggiore quantità. Ognuno aveva il suo sacchettino per metterci i pesciolini affinché non si mischiassero e si potesse, cosi, in ultimo, vedere chi ne aveva presi di più. Durante il tragitto di ritorno ci soffermavamo a raccogliere frutti agresti, corbezzoli, mirti, more. Dopo il fritto di pesce, la frutta. Il pranzo, in tal modo, era quasi completamente frutto della nostra fatica: e questo ci inorgogliva moltissimo. E Papà non ci lesinava i complimenti. Gli piacevano quelle nostre ambizioni, al tempo stesso avventurose e casalinghe. Diceva anche. Papà, che desiderava tanto che io imparassi a suonare il pianoforte. Ma, prima, a lavare i piatti. Voleva fare di me una perfetta donna di casa; e, forse, c'è riuscito....
...Imparai prestissimo anche a confezionare la pasta, e a tirare col mattarello le sfoglie per fare i tagliatelli. Un giorno, poi, mi venne in mente di preparare un piatto di agnolotti, tutti opera mia, per offrirli a Papà. Mamma mi preparò solo l'impasto, veramente squisito, affinché io potessi fare bella figura e mi misi all'opera proprio con l'intenzione di mettere insieme un piccolo capolavoro. Avendo sempre, mamma, poco tempo a disposizione, gli agnolotti li faceva un po' grandini; io, invece, li facevo piccoli piccoli, tutti uguali, perfetti, come se fossero usciti dalle mani di una provetta cuoca. Cosi Papà li avrebbe trovati non soltanto buoni, ma anche belli. Manlio vedendomi intenta a quel lavoro, domandò subito a Giovanni di che si trattava e, pensando con invidia al successo che io avrei avuto, volle fare qualcosa anche lui.
Per questo, pregò Giovanni che l'accompagnasse nell'agrumeto e là raccolse molte foglie d'arancio fra le più tenere. Nessuno capiva quello che avesse in animo di fare. Tornato a casa, chiamò Teresot e le disse di preparargli una piccola sfoglia e che tritasse le foglie raccolte, aggiungendovi gli altri ingredienti necessari per preparare la pasta. Fu cosi che Giovanni e Teresot l'aiutarono a preparare gli agnolotti che dovevano gareggiare con i miei. Infatti, dopo che io ero arrivata tutta gongolante in sala da pranzo col piatto uscito dalle mie mani, arrivò anche lui col suo. Papà capi, rise, e mangiò molto volentieri gli uni e gli altri, lodandoli incondizionatamente tutt'e due. Anch'io volli assaggiarne uno di quelli di Manlio; ma lo dovetti subito sputare. Era amaro come il fiele. Non riesco ancora a capire come Papà poté mandarli giù. Eroico non soltanto in guerra, ma anche fra le pareti domestiche quando era necessario! Fu quella, forse, la più grande prova che egli dette dell'adorazione che nutriva per Manlio!

Dal Capitolo 7

L'agricoltura fu l'altro grande amore di Papà, instillato in noi fin dalla prima infanzia. Egli fece cintare apposta una striscia di terreno che, dal piazzale davanti alla casa andava a finire al cancello del giardino. Questa striscia di terreno venne divisa in due parti: la prima verso il piazzale, fu destinata a me; la seconda, verso il cancello, a Manlio. Noi dovevamo separatamente curare il nostro piccolo podere, e Papà avrebbe giudicato chi era il più bravo.
Manlio aveva la fortuna di essere aiutato da Giovanni, il quale non era soltanto assai esperto nei lavori agricoli, ma era anche molto intelligente e pieno di trovate originali per far fare più bella figura a Manlio con grande disperazione mia e di Teresot: che era buona, si, ma in fatto di intelligenza non poteva certo competere col marito. Giovanni più pratico di seminagioni, aveva cura di seminare ciò che nasceva nel minor tempo possibile, come insalatina da taglio, ravanelli ed altre cose del tutto diverse da quelle di Teresot: che sceglieva a caso fra i vari semi, e imbroccava sempre prezzemolo, carote e altre cose del genere, che crescono tardi e di malavoglia. A Manlio, dunque la gioia di poter presentare, dopo poco tempo, a Papà, bei piattini d'insalatina fresca e ravanelli teneri, e io e, Teresot invece li a sospirare sul terreno dal quale non vedevamo mai spuntare nulla. Finalmente, però, vennero anche i giorni nostri; e fu per me una gran festa. Se non che, Manlio mi stava preparando un tiro mancino.
Una mattina cosa vidi? Proprio al confine dei nostri due poderi brillava, alto più d'un metro, uno spruzzo d'acqua continuo come quello d'una fontana da giardino pubblico. Cosa incomprensibile, allora che non esisteva alcuna conduttura. L'acqua per annaffiare veniva attinta dai pozzi.
L'orgoglio mi vietò di chiedere spiegazioni. Finsi di non essermene nemmeno accorta. Mio Padre, invece era felice. E, per consolarmi, mi disse piano, in un orecchio, perché Manlio era presente:
"Però, gli agnolotti li fai meglio tu!".
Questo bastò a ricompensarmi dell'affronto ricevuto in precedenza.

IL PUBBLICO

Dal Capitolo 9

Alla stazione centrale di Milano trovammo una dimostrazione cosi grande di simpatia e di affetto quale io non avevo ancora visto. La carrozza che ci doveva condurre all'albergo de "La Ville" venne bloccata dalla folla in modo da non poter proseguire per parecchio tempo. Ad un tratto, gli studenti staccarono i cavalli e trainarono loro stessi il veicolo fino all'albergo, in un ininterrotto delirio d'applausi e di grida, sotto una fitta pioggia di fiori; Papà, commosso, rispondeva con larghi gesti della mano, e buttando baci in tutte le direzioni. Aveva gli occhi lucidi e ogni tanto stringeva a sé la sua Francesca. La cosa che mi sorprese più di tutte, fu quando le campane della Chiesa di San Carlo, dirimpetto all'albergo dove alloggiammo, si misero a suonare, alla meglio, l'inno di Garibaldi. Erano gli studenti che, riusciti a salire in cima al campanile, avevano voluto mandare a Garibaldi il benvenuto con quel mezzo davvero straordinario. Nei pochi giorni che Papà rimase a Milano non ebbe un attimo di pace. Sempre visite. E noi, sempre ai suoi lati. A tutti Papà presentava Francesca ed i suoi figli. Menotti e Canzio facevano gli onori di casa ricevendo e accompagnando gli ospiti.

Dal Capitolo 10

Il leggendario condottiero dei Mille, instancabile oppugnatore di ogni tirannide, è finalmente fra le mura della diletta sua Palermo, fra le mura di quella città ove, entrando gloriosamente il 2:7 maggio 1860, dava il crollo ultimo ad una tirannide che non e più. Palermo non potrà mai dimenticare questa data della sua liberazione che sarà incancellabile come quella che segna la più gloriosa epopea della storia nazionale siciliana. Era impossibile che Garibaldi non volesse presenziare alla celebrazione del Vespro.
Le carrozze passarono fra due ali di popolo raccolto intorno a Garibaldi, in grande silenzio. L'unica nota che animava il quadro era costituita da un festoso sventolio di fazzoletti. Ma quanti occhi lucidi, quanti baci buttati da mani di donne, d'uomini, di bambini, d'ogni grado sociale! Papà, egli pure commosso, con un cenno della mano rispondeva al saluto di tutta quella folla raccolta intorno a lui.

Per chi è questo libro

Questo libro è un regalo:
- per gli appassionati di Garibaldi e di storia perché è il tassello che mancava. Perché racconta la parte di vita meno nota dell'Eroe
- per chi vuole leggere un romanzo diverso. Una storia vera con le caratteristiche di una favola
- per tutti i papà di oggi, di ieri e di domani perché Garibaldi era un padre come lo sono tanti o come vorrebbero diventarlo: attento, premuroso, dolce e sensibile, ma anche fermo, deciso, ottimo educatore
- per le donne, perché in fondo questo libro è la storia di donne speciali scritta e vissuta da donne energiche, forti, mamme, figlie, sorelle, nipoti che in un'epoca difficile hanno saputo fare la differenza
- per tutti quelli che hanno conosciuto, ricordano o sono vicini a qualcuno dei tanti personaggi del libro e che in questo libro si ritroveranno

Grazie a...

La pubblicazione di questo libro e la creazione del sito sono state un'impresa superiore alla mie aspettative come lavoro, impegno, energie e non sarebbe stata possibile senza l'aiuto e il supporto di molti.
Grazie:
a Claudio per tutto
a Serena e Fabio che si sono dedicati con amore a questo progetto curandone diversi aspetti,
a mia sorella Laura, a Alessandro, Andrea, Daria, Emma, Tommaso e Matteo,
a Vittorio,

a Gianni Oliva, assessore alla cultura della Regione Piemonte dal 2005 al 2010 e storico, che quando è venuto a trovarci a Villa Francesca ha colto subito lo spirito che animava il progetto e ha reso possibile la pubblicazione della II edizione,

a Dario Sera che ha contribuito a dare la voce alla III edizione del libro rendendola speciale

Luisa Gonella


Clelia Garibaldi e la sua famiglia

Clelia Garibaldi nasce a Caprera il 18 febbraio 1867, ultima figlia del Generale Garibaldi e Francesca.
Per tutta la vita si dedica alla memoria del padre, tiene in piedi la casa museo di Caprera e quella di Livorno, accoglie le molte personalità che rendono omaggio al ricordo di Garibaldi.
Vive una vita semplice, perennemente sospesa tra il passato e il futuro rappresentato dai numerosi bambini a cui reca aiuto, conforto, affetto. Nel 1932 chiede aiuto per le celebrazioni a Caprera dell'anniversario di morte del padre a una parente piemontese che da allora le sarà sempre vicina, Clelia Gonella, Clelietta.
Fino alla morte di Donna Clelia le due donne compiono gli stessi passi, impossibile dissociare il ricordo di Clelia Garibaldi da quello di Clelietta, nipote dalla parte del cuore.
Clelia Garibaldi muore il 2 febbraio 1959. E' l'ultima a cui tocca andare a riposare nel piccolo cimitero di Caprera. Dietro di lei si chiude il cancello definitivo. La casa viene assorbita dal museo.
Negli ultimi anni della sua vita detta queste memorie all'altra Clelia “Clelietta", sua nipote dalla parte del cuore che ne raccoglie l'eredità spirituale. Consegna così alla storia l'ultimo tassello della figura di Garibaldi, quello che lo descrive semplicemente come un Papà.

Donna Clelia e i "suoi bambini"

Sia Garibaldi che Clelia s'impegnarono, anche se in modo diverso, per il futuro dell'Italia.
Il generale, liberandola dallo straniero ed indirizzandola verso la realizzazione dell'Unità; Clelia aiutando bambini e giovani che ne rappresentavano il futuro.
Nel 1919 fu istituito il Giardino d'infanzia de La Maddalena intitolato a sua madre Francesca. A Signa (FI) nacque invece una struttura chiamata Villaggio Artigiano, poi Villaggio Artistico, dove i giovani bisognosi erano indirizzati alle arti ed ai mestieri, in modo che imparando potessero in seguito lavorare e mantenersi.
Donna Clelia, madrina di entrambe le strutture provvedeva a inviare donazioni raccogliendo lei stessa il denaro vendendo cartoline autografe di Caprera o piccoli cimeli che ricordavano suo padre ai numerosissimi visitatori che rendevano omaggio alla tomba di Garibaldi.
Spesso Donna Clelia invitava tutti a Caprera. Il viaggio era organizzato anche grazie al supporto dell'Accademia Navale di Livorno che, con un mercantile portava i ragazzi fino all'isola.
Scegliendo dai ricordi giunti fino a noi affiorano vari episodi.
Racconti di gite con canti e scherzi, saluti, baci e abbracci, pensieri legati a Donna Clelia che dispensava insieme alla nipote, Clelia Gonella, piccoli regali per tutti.
Le gite sono uguali per tutti i ragazzi, oggi come allora, siano essi di una classe, di una scuola, di un gruppo:
lo spirito d'avventura è il medesimo, il fatto d'essere soli, lontano dai luoghi quotidiani spinge ad essere coraggiosi, ad affrontare paure che altrimenti non si sarebbero superate, sono esperienze che spesso cambiano la vita, che non si dimenticano.
Forse in quei luoghi, un po' più che in altri, questi sentimenti permeavano l'ambiente. I racconti di Clelia e di alcuni ragazzi parlano di una volta che preso il mercantile a Livorno tutti i partecipanti furono costretti a ritornarvi senza aver preso terra a Caprera, perché il mare grosso in prossimità dell'isola lo aveva impedito.
Non paghi ci riprovarono coraggiosamente il giorno dopo e grazie al mare più calmo finalmente raggiunsero l'agognata meta.
La volontà di recarsi a Caprera era tale che una volta, un ragazzo straniero, chiese di andarci a tutti i costi, ma i posti erano già stati assegnati. Al responsabile del viaggio venne in mente di chiedere al ragazzo una cosa ai suoi occhi impossibile da realizzare in modo da tacitare le sue proteste: avrebbe dovuto imparare a cantare in italiano l'Inno di Garibaldi.
Il ragazzo superò la difficoltà, e mai l'inno fu cantato in italiano così perfetto, con così tanto entusiasmo ed emozione, ci mise tutta l'anima. L'organizzazione fu costretta, a questo punto, ad aggiungere il suo nome alla lista. Una volta a Caprera, davanti alla tomba del Generale quel ragazzo cantò ancora e donna Clelia con lui e tutti si commossero, mai così toccati e partecipi.
Donna Clelia regalava a quei ragazzi abbracci materni e ricordi indimenticabili ed era solita dire che il Villaggio era “la scuola del carattere".
Lo spirito di Clelia Garibaldi, fu lo stesso con cui Clelia Gonella continuò quest'opera come madrina alle gite o con l'invio di pensierini che lei preparava a mano come ricordo per i ragazzi, pensieri che probabilmente, ancora oggi sono appoggiati o appesi nelle case di chi ha conosciuto queste due donne.
Questo spirito è presente nelle pagine del libro ed è l'anima di un'epoca lontana nel tempo nella quale lo spirito patriottico, il coraggio, il superamento delle proprie paure, l'ardire umano erano vivi nel difficile quotidiano.

Giuseppe Garibaldi

In queste brevi note sulla vita dei personaggi del libro, di Garibaldi in particolare, non si è voluto approfondire gli aspetti storici, ma ancora una volta privilegiare quelli familiari. Non si trova dunque, per scelta, su questo sito, una biografia del Generale, ma solo brevi cenni sulla sua vita e su aspetti su cui la figlia ha voluto porre l'accento.
Giuseppe Garibaldi nasce a Nizza il 4 luglio 1807. Suo padre, Domenico è un piccolo armatore e capitano di cabotaggio di origine ligure. A 15 anni Garibaldi inizia a solcare le acque del Mediterraneo e del Mar Nero. L'educazione che lo forma davvero fu quella marinara, la più adatta forse a un temperamento come il suo, naturalmente incline - tanto più in tempi di sensibilità romantica diffusa - ai viaggi e alle fantasticherie. Nel 1855, rientrato dall'esilio compra un podere nell'sola di Caprera e vi si stabilisce. Nel 1866 anno della terza guerra di indipendenza l'ormai Generale conosce Francesca Armosino. Nel 1867, anno della battaglia di Mentana nasce la figlia Clelia, così chiamata per ricordare la Clelia romana che aveva attraversato il Tevere di notte. Nel 1871 mentre lui è impegnato nell'ultima campagna in Francia muore la figlioletta Rosa. Nel 1873 nasce il suo ultimo figlio Manlio, un anno dopo Garibaldi viene eletto deputato a Roma.
Il 26 gennaio 1880, appena ottenuto l'annullamento del precedente matrimonio, sposa a Caprera Francesca, madre dei suoi ultimi 3 figli.
Nel 1882 compie gli ultimi viaggi a Milano, in Sicilia e a Napoli. Muore a Caprera il 2 giugno dello stesso anno.

Dal libro...
...Papà era di una squisita gentilezza di modi con tutti. Dava del voi agli uomini, del lei alle signore. Aveva mani lunghe, affilate e bellissime. Vestiva sempre la camicia rossa. Non l'ho mai visto vestito in altra maniera. I calzoni erano, di solito, grigi e quando mamma non era ancora a Caprera pensava lui alla confezione. Li tagliava, e Menotti li cuciva col guardamano e il grosso ago che usano i marinai a cucire le vele...

...La voce, la sua bella voce non la dimenticherò mai. Molti mi domandano: "Chissà che voce tonante, che fare autoritario doveva avere Garibaldi per aver potuto trascinare con sé sì numerose schiere di giovani". Come si sbagliano! Non ho udito più in vita mia una voce più dolce, più melodica, più affascinante della sua. Era tanto bella anche quando cantava col tono da baritono leggero...

...Era di carattere sereno e giocondo, non l'ho mai visto arrabbiato.
Quando aveva qualche preoccupazione grave diventava pensieroso e taciturno e si tirava il berretto sugli occhi con un gesto caratteristico ben noto ai suoi familiari, appartandosi in solitudine...

Egli adorava Caprera, la sua selvaggia isola gli ricordava, forse, la sua nave a vela... ...Anche l'odore delle tante piante aromatiche di cui l'isola è coperta e fiorita gli dovevano ricordare le profumate brezze dell'Oceano dove aveva passato i più belli anni della sua vita.

...Benché Papà fosse torturato dai dolori artritici, che lo assalivano sempre più di frequente, pensava ancora alle terre irredente da liberare e preparava in Caprera le munizioni per le future battaglie.

Fuori della casa su di uno spiazzo ben pulito, fece stendere molta finissima sabbia, mentre dava ordine in casa che facessero fondere del piombo in un paiolo. Poi Papà consegnava a me lo stampo per la fabbricazione di palle da fucile e mi dava le istruzioni per l'uso...

Francesca Armosino

Francesca nasce il 18 maggio 1:346 ai Saracchi, allora frazione di Antignano, ora frazione di San Martino Alfieri in provincia di Asti.
Francesca discende da una nobile famiglia armena, emigrata in Italia per sfuggire alle persecuzioni dei turchi contro i cristiani. Nel 1866 lascia la famiglia e si trasferisce a Caprera per fare da balia ai figli di Teresita e Stefano Canzio.
Qui conosce Garibaldi e i due si innamorano. Garibaldi aveva 59 anni e lei appena 20.
Francesca e Garibaldi hanno 3 figli: Clelia 1867, Rosa 1869 e Manlio 1873.
Purtroppo Garibaldi è in attesa dell'annullamento del matrimonio con la Contessina Raimondi e non può sposare Francesca che il 26 gennaio 1880.
Francesca visse a Caprera fino alla morte di Garibaldi, in seguito si divise tra la casa di Caprera e quella dell'Ardenza (LI), acquistata per volere del Generale per poter essere vicina al figlio Manlio cadetto dell' Accademia Navale.
Francesca muore a Caprera il 15 luglio 1923, dove viene sepolta nel piccolo cimitero vicino al marito e alla figlioletta Rosa, morta a soli 18 mesi.

Dal libro...
...Papà aveva per mamma una vera venerazione, perché pensava che nessun'altra donna avrebbe potuto avere per lui le cure amorose e assidue che gli prodigò lei nei lunghi periodi d'infermità, circondandolo di un amore immenso, nel quale c'era, oltre il sentimento amoroso, la coscienza del grande compito che la sorte le aveva affidato. Anche noi bambini capivamo che Papà era qualcosa di più di un Papà, e tutta la nostra ambizione si compendiava nel desiderio di renderlo e vederlo felice. E, con noi, lo fu veramente...

..."Il mio primo amore é stato una Francesca, e il mio ultimo amore, la buona compagna della buona e della dolorosa ventura, ha ancora quel nome. Cosi mi pare d'aver conosciuto soltanto lei... ".
Mamma lo abbracciò singhiozzando....

...Tutto ad un tratto vedemmo mamma buttarsi in mare, e annaspare violentemente sott'acqua e fra gli scogli. Aveva pescato, con le sole mani, acchiappandolo per la coda, un pesce di molti chili.
Noi accorremmo stupiti e spaventati. Nicolau esclamò: A casa, Papà non ci voleva credere. Ma la mano ferita, il vestito interamente inzuppato, lo convinsero che era proprio vero, e non gli restò che complimentarsi con la sua Francesca, e pregarla di cuocergli quel pesce unico al mondo.
" Farsi prendere cosi, da una signora vestita di bianco !".
E lo volle " in bianco ", naturalmente. "Cosi - disse - sarà in bianco due volte ".

Manlio Garibaldi

Manlio nasce a Caprera il 23 aprile 1873.
La sua passione per il mare lo porta presto in Accademia.
Garibaldi scrive un romanzo “Manlio" dove racconta le gesta che avrebbero dovuto essere del suo ultimo figlio. Purtroppo Manlio muore a soli 27 anni di una malattia polmonare.

Dal libro...
...Papà fumava il sigaro toscano, e fumava anche di notte quando scriveva. A me, non aveva mai dato noia, a Manlio, invece, si. Dopo aver preso il latte, quasi sempre lo restituiva. Papà pensò che ciò fosse causato dal fumo troppo forte del suo sigaro, e adorava cosi immensamente il suo piccolo che decise senz'altro di smettere di fumare. Al mattino seguente distribuì alla gente di Caprera tutti i sigari che aveva a casa, e ne tenne uno solo per sé. Lo spaccò in due e disse a mia madre: " Francesca, facciamo cosi: metà conservala e metà me la fumo per l'ultima volta ". Andò fuori per evitare di dar noia a Manlio.
E dette l'addio al tabacco. Il bambino non rigettò. Papà era felice di avere, con quella sua rinuncia, ridato il benessere al suo piccolo che vedeva crescere bello e prosperoso. Manlio era infatti di una bellezza rara, e Papà ne andava tanto orgoglioso...

...La bellezza rara di Manlio non passava mai inosservata a nessuno. A Palermo ci fu il pittore Rubino che lo volle ritrarre vestito da marinaretto e regalò il bel lissimo quadro ad olio a Papà. Esso è conservato nel museo di Caprera. Chi lo vede domanda se è Garibaldi fanciullo, tanto grande è la rassomiglianza che esiste fra padre e figlio.

Clelia Gonella

Clelia Gemella nasce a Torino il 16 giugno 1916. E' figlia di Carlo Gemella che ha sposato in seconde nozze Gemma Armosino, figlia di Pietro, fratello di Francesca , ultima moglie di Giuseppe Garibaldi.
Nel 1932 a Caprera, Clelia Garibaldi le chiede aiuto per le celebrazioni dell'anniversario di morte del padre. Clelia Gemella si trasferisce a Caprera e da allora rimane al fianco di Clelia Garibaldi, che la definisce sua “nipote dalla parte del cuore" e viene chiamata Clelietta per distinguerla dall'altra Clelia. Per molti anni le due Clelie compiono gli stessi passi tra Caprera e Livorno, impossibile dissociare il ricordo di Clelia Garibaldi da quello di Clelietta. Quando nel 1959 Clelia Garibaldi muore, Clelietta ne raccoglie l'eredità spirituale, continua la sua opera e custodisce con amore i ricordi di famiglia.
Clelietta è una donna riservata, dalla figura elegante e i modi gentili e rimane fino alla morte (25/03/00) la memoria vivente di casa Garibaldi.
Oggi spetta ai nipoti di Clelietta, ridare voce ai ricordi e mantenerli vivi attraverso questo libro e non solo.

Approfondimenti

Clelia Gonella Racconta
Clicca e ascolta.

Francesca e l'Eroe
Con Patrizia Camatel
Scene di Francesco Fassone
Drammaturgia e regia di Luciano Nattino

Dedichiamo sul nostro sito un po' di spazio a questo spettacolo perchè si sposa perfettamente con l'immagine dei due mondi dell'Eroe a cui questo sito è dedicato.
Il libro “Mio Padre" è una delle fonti principali da cui lo spettacolo è stato tratto, la segnalazione è dunque doverosa, anche perchè Patrizia Camatel è una Francesca perfetta, grintosa e trascinante.
Guardando lo spettacolo si viene trasportati a Caprera per un'esperienza unica. (L.G.)

“Francesca è stata testimone degli ultimi tormentati anni dell'Eroe e ci racconta l'epopea garibaldina dal suo punto di vista: quello di una balia astigiana diventata moglie di uno dei personaggi più importanti del Risorgimento italiano e dell'Ottocento europeo e mondiale. Un modo di conoscere la “storia patria" attraverso il suo sguardo femminile schietto e diretto.
Lei è, come la descrivono gli storici, la custode vera dell'anziano Eroe. E' lei che sovrintende alla casa di Caprera, ai conti, ai lavori della campagna, al personale, alla salute di Lui...da donna possessiva e innamorata, dedita e pratica. Nella nostra lettura Francesca conserva in un armadio/scrigno i principali oggetti/ricordo delle avventure di Garibaldi e tramite questi racconta, a modo suo, le tante epopee del “suo" Generale, le battaglie e le avventure nel Vecchio e Nuovo Mondo. Non mancano le curiosità, i dettagli, gli aspetti poco noti della vita di Garibaldi."
(da: www.casadeglialfieri.it)

Album dei ricordi

Dall'album dei ricordi di Clelia sono state selezionate alcune foto e documenti che completano ed integrano il libro

Album di famiglia 1

Album di famiglia 2

Album di famiglia 3

Album di famiglia 4

Manlio bambino

Manlio a cavallo

Giornale di bordo e spadino di Manlio cadetto

Francesca e i figli Clelia e Manlio

L'ultima famiglia di Garibaldi

Clelia Garibaldi bambina

Clelia Garibaldi ragazza

Garibaldi e Clelia

Ritratto di Clelia Garibaldi

Clelia Garibaldi nel salotto di Caprera

Piantina della casa di Caprera

Manoscritto di "Manlio" romanzo scritto da Garibaldi

Manoscritto di "Manlio" romanzo scritto da Garibaldi

L'ambasciatrice americana in visita a Caprera

Clelia Garibaldi e Clelia Gonella

Clelia Gonella aiuta Clelia Garibaldi a scrivere le sue memorie

Clelia Gonella

Villa Francesca: il giardino

Villa Francesca: l'ingresso

Clelia Garibaldi e Clelia Gonella con i bambini a Caprera

Documenti

Dall'album dei ricordi di Clelia sono state selezionate alcune foto e documenti che completano ed integrano il libro

13.12.1870 - Lettera

Invio di dodici tricots da G. Garibaldi alla moglie Francesca

Autun 13 Dicembre 1970
Francesca carissima
Incarico Marchi d'inviarti dodici tricots, per te, per Lina, per le bambine, per tua madre, tua cognata e quattro per Mariangela.
Li pagherò io.
Un bacio alle bambine ed un caro saluto a tutti di casa.
Tuo
G. Garibaldi

16.02.1882 - Biglietto

Auguri di G. Garibaldi alla figlia Clelia per il suo 15° compleanno

Posillipo 16 Febbraio 1882
Clelia, un augurio ti consacro in questo tuo fortunato giorno natalizio; augurio che si sprigiona da un cuore che ti adorò sin dalla culla e che sarà tuo tutta la vita.
Su questa destra che sorreggeva i tuoi primi passi ora giace inerte ed impotente, il cuore batte forte per la Clelia mia, batte di speranza e d'affetto inseparabili

30.09.1936 - Lettera

Plauso per beneficienza dell'Ente "Giardino d'Infanzia F. Garibaldi" a Lina Armosino

La Maddalena, 30 settembre
Nell'accusare ricevuta della somma di £ 3.014,10 che Lei, Gentile signorina, ma ha consegnato quale ricavato della vendita di ramoscelli di pino e di cartoline ricordo "Pro Giardino d'Infanzia F. Garibaldi", mi è grato comunicarle il plauso del nostro Presidente e dell'intero Consiglio d'Amministrazione per l'opera attiva, fattiva e altamente benefica da Lei svolta durante la sua permanenza nell'Isola Storica e Sacra di Caprera.
La cospicua somma raccolta, come Lei ben sa, va a totale beneficio dei bambini poveri dell'isola di La Maddalena ricoverati nel Pio Istituto, perciò si abbia anche la più schietta gratitudine di quelle anime innocenti da Lei beneficate.
Cordiali saluti
Il Segretario


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02.06.2008 - Autore: Sergio Coretti - direttore di Camicia Rossa
Ho letto con vero piacere i ricordi di Clelia Garibaldi dettati a Clelietta perché gli anni 70 dell'Ottocento vissuti quasi interamente con la famiglia a Caprera costituiscono uno spaccato genuino della vita domestica e illuminano sulla personalità di Giuseppe Garibaldi. Sono gli anni assai fecondi nella costruzione del pensiero politico e sociale del Generale, poco noti e non sufficientemente studiati e per questo assai intrigante è la rappresentazione dell'uomo pacifico e meditabondo che emerge dai ricordi della piccola Clelia. Perché quell'ultimo decennio della vita dell'Eroe fu tutto dedicato alle corrispondenze con circoli, società operaie e con esponenti dei popoli in attesa di liberazione dai governi dispotici e autoritari, alla predicazione della laicità attraverso gli eccessi anticlericali, al sogno di un'Italia libera dai dogmi politici e religiosi, ai grandi progetti per liberare il Paese dalla piaga della miseria. Insomma si ha l'impressione leggendo i ricordi di Clelia che proprio la serenità e la pace di Caprera, la felicità domestica, la dedizione ai lavori agricoli resero possibile una fecondità di intuizioni e di pensieri tali da conferire al Garibaldi uomo il senso di una straordinaria modernità.

02.03.2008 - Autore: Vittorio
Bello, a volte ho avuto la sensazione di essere davanti ad un film.

18.02.2008 - Autore: Dario C.
È stato bello esserci alla presentazione, ed è bello leggerlo questo libro "intimo" e quasi di famiglia su un personaggio che è considerato il fautore dell'Italia di oggi. Ho letto più o meno le prime 25 pagine mentre tornavo a casa dopo il corso e l'ho trovato molto cinematografico, riuscivo a vedere ciò che leggevo.

09.02.2008 - Autore: Gaia
La storia narrata in queste pagine non può non coinvolgere il lettore, e aggiungere un importante tassello a quella studiata a scuola.

09.02.2008 - Autore: Anna
Quasi una biografia illustrata che raccoglie il mondo più riservato e personale di Garibaldi, uno dei grandi protagonisti del Risorgimento italiano, raccontato dall'unica persona che l'ha realmente conosciuto cosi: sua figlia.

25.01.2008 - Autore: Paolo
Ottimo direi, molto molto molto bello.

10.01.2008 - Autore: Benedetta '73
Questo non è solo un libro per chi vuole approfondire la storia e non è nemmeno solo un romanzo per distrarsi e non pensare. E' un libro per chi cerca una uno stile di altri tempi, senza fronzoli ma musicale, una rappresentazione di emozioni e stati d'animo, di una famiglia e un Papà un po' speciali. Secondo me un'ottima pubblicazione.

05.01.2008 - Autore: Mara S.
In effetti all'inizio ho faticato un po' ad ambientarmi, poi mi sono innamorata della “nuova veste" di questi personaggi. Sono entrata in casa dell'Eroe e ho vissuto con la sua famiglia in queste pagine.
Letto quasi tutto sul treno, ho apprezzato anche le vecchie foto dell'album di famiglia. Buona lettura!

28.12.2007 - Autore: Marcello G.
Unico a raccontare davvero il Garibaldi privato. Da leggere tra le righe e cogliere il messaggio per i papà dei nostri tempi. Lo consiglio.

22.12.2007 - Autore: Alex
Molto interessante, mostra un lato sconosciuto di un personaggio tanto celebre. Ben fatto!

18.12.2007 - Autore: Serena
Il libro contiene un piccolo contributo a che si delinei meglio la figura di Giuseppe Garibaldi. Al quadro dipinto negli anni da storici, scrittori, commentatori, affiliati, massoni, oppositori, si aggiunge il tassello dell'amore filiale.
Una descrizione lucida e discreta di una figlia devota al padre.

11.12.2007 - Autore: Angioletta
Amore di figlia in questo piccolo libro, molto curato, con preziose foto d'epoca.
Ricco di aneddoti, ora teneri ora divertenti sulla vita privata di un uomo, non solo d'armi, conosciuto in tutto il mondo.

11.12.2007 - Autore: Silvia M.
Il racconto delicato e struggente dell’uomo Garibaldi attraverso gli occhi della figlia Clelia.
In questo libro Garibaldi, il personaggio storico, l'abile generale e stratega che tutti noi conosciamo attraverso le sue imprese e avventure, riconquista la dimensione di uomo, padre, marito... Il racconto delicato e struggente della figlia Clelia contrappone alla descrizione di una personalità forte e determinata, intrecciata saldamente con un avvincente momento storico del nostro paese, gli affetti, le debolezze, le virtù di un padre. È cosi che Garibaldi da condottiero diventa uomo, appassionandoci e coinvolgendoci ancor di più.

10.12.2007 - Autore: Laura
Il libro Mio Padre è una raccolta di ricordi, personali e famigliari. La sua struttura narrativa è semplice, lontana dai format della letteratura di oggi, è una raccolta di episodi di vita vissuta, di descrizioni di luoghi, personaggi e situazioni. Il sentimento dell’autrice, il grande amore per suo padre - un Giuseppe Garibaldi Papà attento e affettuoso - rappresenta il filo conduttore, il tema principale attraverso il quale i diversi episodi trovano una loro collocazione nel flusso di eventi e un significato, attuale e apprezzabile anche oggi. Clelia Garibaldi nel suo libro dimostra una grande padronanza della lingua e una spiccata sensibilità nel ricordare, raccontare, descrivere aneddoti e sensazioni. Il suo lessico ci riporta indietro nel tempo, ci sono molti termini oggi in disuso, ma questo rende il racconto in qualche modo più autentico e ufficiale.

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21.04.2008 - Autore: Giuseppe Sitzia
Ho avuto in lettura il libro dalla biblioteca di Varallo Sesia grazie a mia nipote Ilaria Sitzia.
Mi sono commosso dopo le prime pagine, ricordando il mio primo viaggio a Caprera nel 1957, quando mio padre accompagnò me e i miei fratelli a visitare la casa di Garibaldi (Donna Clelia non poté riceverci per le sue condizioni di salute) e dopo che la stessa Clelia aveva risposto ad una nostra lettera in cui le ricordavamo alcuni aneddoti legati al nostro bisnonno Antioco Sitzia (comandante del Cagliari nella spedizione di Sapri e del Lombardo per quella dei Mille) e di suo figlio Vincenzo che ebbe l'onore di suonare la pianola che ancora si conserva nella casa.
E' possibile che le nostre lettere a Clelia Garibaldi (nella seconda le avevamo inviato le nostre fotografie) si siano conservate?
Con i più sinceri complimenti per la bellissima edizione del libro., che spero di riuscire ad acquistare al più presto.

17.01.2008 - Autore: Francesco Sanvitale
Ho conosciuto il Vostro sito navigando alla ricerca di "garibaldinerie" perchè sono un appassionato acritco e viscerale di Giuseppe Garibaldi per quanta musica l'Eroe dei Due Mondi ha ispirato e continua ad ispirare. Sapevo peraltro che nelle memorie di Clelia si parla dei gusti musicali del Generale e cercavo qualche vecchia edizione, poi ho trovato la vostra e sono felicissimo.

08.01.2008 - Autore: Carlo B.
Ecco il mio segno su questa ottima iniziativa. .. Complimenti per il materiale reso disponibile in forma così “autentica e semplice"... alcune immagini sono veramente spettacolari...

19.12.2007 - Autore: Paolo C.
Complimenti a Luisa per il lavoro di ricerca e quello di pubblicazione., sia per le notizie sia per le fotografie.

18.12.2007 - Autore: Cristina M.
Questo libro mi incuriosisce molto, complimenti per l'idea! Dopo la lettura mi rifarò viva!

18.12.2007 - Autore: Serena
L'album di famiglia descritto come diario del libro si sposa bene con il sito in cui si sfogliano invece le foto di famiglia.

17.12.2007 - Autore: Marcello C.
Complimenti!!!

17.12.2007 - Autore: Alessandra F.
Ottimo lavoro Luisa!! Davvero una bella iniziativa...!! Spero che il libro abbia un grande successo! Complimenti! Bacioni.

16.12.2007 - Autore: Luca
Sembra sicuramente un'opera interessante e accurata. Molto belle le foto. Complimenti.

15.12.2007 - Autore: Francesco
Sito molto carino. Complimenti! Nei prossimi giorni leggerò anche il libro. Sono comunque certo che sarà molto interessante. Ottima l'idea dei due mondi... un caro saluto.

12.12.2007 - Autore: Dario
II sito è molto elegante., mi piace molto e trovo molto belle le biografie "dei personaggi"., di sicuro sarebbe piaciuto a zia Clelia e al Nonno. Abbracci.

11.12.2007 - Autore: Silvia M.
Libro appassionante e sito affascinante ... le foto di famiglia di Garibaldi sembrano quelle che la nonna tira fuori dal cassetto ... bellissimo!

11.12.2007 - Autore: Marco
Bello e interessante, specialmente un po'...diverso. Ottimo lavoro

10.12.2007 - Autore: Laura
Un sito interessante, ricco di fotografie e notizie sull'ultima famiglia di Garibaldi.

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Il Vino

Garibaldi vignaiolo e agricoltore

Nella sua Caprera il Generale, per quasi trent’anni dall'alba al tramonto, amò dedicarsi alle coltivazioni agricole e in particolare alla vite, pianta fra le più antiche e diffuse nella nostra cultura e nella nostra storia, curandone in prima persona i filari e seguendo tutte le fasi della lavorazione delle due vigne da lui impiantate sull'isola.
Diventò ma soprattutto si sentiva un bravo agricoltore tanto che in tutti gli atti ufficiali, dalle dichiarazioni di riconoscimento dei propri figli fino all'atto di matrimonio con Francesca Armosino si dichiarò infatti “agricoltore".
Un agricoltore attento e meticoloso perché coltivava osservando ed ascoltando la natura circostante, annotando sempre tutto e permettendoci la scoperta di quest'altro aspetto, ai più sconosciuto, della vita del Generale.
Colpisce quindi l'estrema naturalezza con la quale passava dalla descrizione dei lavori nei campi all'illustrazione delle proprie idee politiche relative all'indipendenza e all'Unità d'Italia.
Riuscì faticosamente a trasformare il granito di Caprera in campi ben coltivati, dissodando, zappando e riportando altra terra.
Studiando e documentandosi imparò anche ad innestare le piante e si dedicò tra l'altro anche all'apicoltura, faceva arrivare per le sue api le arnie anche dall'Inghilterra.
Dalle due vigne, piantate nel piano con la migliore esposizione, leggermente inclinato a levante, ne ricavava un eccellente vino grazie anche alla buona qualità dei vitigni piantati.
La vigna più grande era descritta così:
“i filari erano orientati da sud a est, distavano due metri l'uno dall'altro, e le piante erano a circa 60 centimetri l'una dall'altra. Ogni due ceppi era piantato un palo, questi a loro volta erano uniti fra loro per mezzo di canne collocate trasversalmente a due ordini di altezza. Nel 1868 vi erano piantati 14.000 ceppi su una superficie di poco meno di due ettari. In mezzo erano piantate irregolarmente alcune piante da frutto di diverse specie, in particolare ulivi e fichi, mandorli, eco. Il vigneto più recente era più che altro un vivaio con oltre 8.000 viti".
Grazie alle sue ricerche personali diventò anche un promotore delle solforazioni contro la “crittogama", ossia l'oidio o “mal bianco della vite". Come nel 1:359 quando ospite del Monsignor Losana a Biella gli suggerì l'uso dello zolfo, quale efficace rimedio contro la malattia, e la divulgazione anche verso i suoi parroci di questa cura. Ma solo dal 1861-62, dall'Unità d'Italia in poi, la solforatura si diffuse dal biellese in tutto il Piemonte. L'odore dello zolfo è stato quindi una costante nella vita di Garibaldi, non solo impiegato nella polvere da sparo ma anche un buon anticrittogamico.
Garibaldi nonostante non fosse un gran bevitore era comunque un buon intenditore, il vino infatti si limitava ad assaggiarlo, a degustarlo come diremmo oggi, avendo avuto la possibilità di degustare oltre il proprio anche quei vini che gli furono portati in omaggio dalle diverse regioni.
Anche se involontariamente, prestò la propria immagine a diversi vini, dal più noto siciliano Marsala dolce a quello calabrese, fino al battesimo del “vino del risorgimento", nei dintorni del lago Maggiore.

Il Vino "Mio Padre"

Nell'autunno 2008 vengono etichettati in quantità limitate due vini con il medesimo nome "Mio Padre" appartenenti allo stesso vitigno, il nebbiolo nella declinazione del Barbaresco e presentati anche al Wine Show - Salone del Vino di Torino del 2009.

Con questa nuova iniziativa abbiamo voluto dare risalto anche a quest'altro aspetto ai più sconosciuto del Generale vignaiolo e valorizzare ulteriormente il patrimonio culturale, storico e vinicolo del Piemonte.

"Mio Padre" rappresenta la scelta di celebrare Garibaldi in un vino che sia piemontese come la sua amata Francesca e capace di rievocare il carattere forte e deciso del Generale. È un omaggio allo stretto legame tra Garibaldi e il Piemonte delle dolci colline e dei nebbiosi vigneti, dove nasce la sua ultima moglie.

Stappando una bottiglia del nostro vino, apriamo una finestra sui legami tra Garibaldi e il Piemonte. Assaporando questo rosso unico ed elegante, conosciamo Garibaldi vignaiolo e agricoltore e scopriamo quanto lui e questo vino siano simili, nella potenza, nella personalità, nella generosità.
Leggendari, mitici, due dei “più grandi rossi” del mondo.

"Mio Padre" Barbaresco D.O.C.G. 2004
75cl - 13,5 gradi

Rosso granato brillante con riflessi aranciati, il nostro vino è destinato a dare il meglio di sé al passare del tempo ed è ottenuto dal vitigno Nebbiolo 100%.
Dalle percezioni fruttate e un ricco corredo di profumi, questo Barbaresco non viene filtrato e l'eventuale deposito è segno di genuinità. Riposa nelle nostre cantine per 30 mesi di cui 20 in pregiate botti di rovere di Slavonia.

Imbottigliato all'origine dall'Azienda Agricola Cinzia Bordino di Bricco di Meive (CN).

“… un Garibaldi vignaiolo e agricoltore instancabile, forte e generoso come questo vino di suadente eleganza ed eccezionale finezza. Unico e differente da tutti gli altri".

"Mio Padre" Langhe D.O.C. Nebbiolo 2005 75cl - 13,5 gradi

Da un terreno di grande vocazione (lo stesso del Barbaresco) che si esprime a livelli inimitabili sulle colline del Bricco di Neive, questo vino è ottenuto da uve Nebbiolo 100%. Rosso rubino brillante dalla veste profonda, si presenta vellutato, armonico, di bella struttura, con un intenso e persistente profumo dalle note fruttate, magnifica dimostrazione della grandezza di questo vino. Vinificato in modo tradizionale, non viene filtrato e l'eventuale deposito è quindi segno di genuinità. Si affina 16 mesi di cui 12 in botti di rovere di Slavenia.

Imbottigliato all'origine dall'Azienda Agricola Cinzia Bordino di Bricco di Meive (CN).

“… rappresenta la scelta di celebrare un Garibaldi uomo, padre e marito.
Solido, autentico, longevo che sprigiona la stessa potenza dell'uorno che rievoca".

L'etichetta

Oramai è risaputo che il vestito della bottiglia è un efficace mezzo di comunicazione e quindi siamo stati onorati dal disegno dell'architetto Luca Moretto, direttore artistico del rinnovamento della Stazione Torino Porta Muova, che ha saputo cogliere lo spirito di questa iniziativa e ad esprimerlo nel modo migliore

Il produttore

La scelta del produttore è ricaduta sulla piccola azienda agricola di Cinzia Bordino di Neive che produce ancora in modo tradizionale e che ha saputo cogliere lo spirito di questo progetto incarnandone e condividendone i valori. Una piccola realtà in confronto ai grandi produttori ma che consente a Cinzia e al padre di seguire personalmente ogni fase della filiera produttiva attuando una coltivazione a basso impatto ambientale.

Il barbaresco di Bordino dal 2007 si fregia della menzione geografica aggiuntiva ufficiale '‘Bricco di Neive" ne vengono prodotte mediamente 5000 bottiglie circa e ha una gradazione alcolica che si aggira tra i 13 e i 14 gradi, secondo le annate. Una parte della produzione, dopo un periodo di invecchiamento di almeno 12 mesi, prenderà la strada della denominazione Langhe Nebbiolo.

Rassegna stampa

25.02.2011
La Stampa
Il volto casalingo di Garibaldi

01.05.2008
Torino Medica
Pubblicazione della recensione

03.04.2008 - 04.04.2008
La Nuova Periferia
Garibaldi padre
Rieditato il diario di Clelia

23.12.2007
Il Tirreno
Da Caprera all'Ardenza
Clelia ricorda papà Giuspeppe

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